Testo a fronte

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Descrizione

La poesia, in quanto tensione tra luce e ombra, si rivela nel contrasto irriducibile tra l’anelito verso la trascendenza e l’incombere della finitudine. Testo a Fronte, nella sua architettura dialettica, incarna questo dissidio con una lucida consapevolezza. Silvia Oppezzo e Pier Carlo Guglielmero, le cui voci si alternano in un dialogo poetico intessuto di chiaroscuri, tracciano un itinerario esistenziale che si dipana tra la speranza luminosa e l’oscura percezione del nulla. Il titolo stesso, con la sua apparente semplicità, evoca una complessità speculare: da un lato, la limpidezza di un canto che si eleva verso il cielo; dall’altro, l’abisso di un pensiero che scruta la profondità dell’ombra.
Silvia Oppezzo, con il suo stile nitido e armonioso, ci conduce attraverso immagini colme di luce, dove la parola è spesso sinonimo di respiro, di apertura verso l’infinito. Nei suoi versi, la Vita si rivela come un’ininterrotta fioritura, un percorso che si snoda tra slanci mistici e accenti di dolce quotidianità. La sua poesia sembra nascere dall’alba: i temi della speranza, della fiducia e della rinascita ricorrono con insistenza, e le metafore naturali – il sole, il vento, il mare – appaiono come simboli di un continuo processo di rigenerazione. Il lessico scelto è limpido, la metrica è fluida, la sintassi è ricca ma mai sovraccarica. Silvia pare cercare, in ogni immagine, una redenzione dal dolore attraverso la bellezza stessa del dire, come se la parola poetica potesse davvero colmare il vuoto tra il visibile e l’invisibile.
Al contrario, Pier Carlo Guglielmero intesse la sua poetica su una trama di ombre, di memorie interrotte e di visioni crepuscolari. La sua parola è spesso densa, intrisa di un simbolismo cupo, e ogni verso sembra trattenere l’eco di un lutto mai completamente elaborato. I temi dell’assenza, della morte, della disillusione attraversano le sue poesie come vene oscure in una pietra preziosa, e la stessa struttura dei testi – con le sue pause spezzate, le sue anafore insistenti, i suoi richiami all’eternità negata – si fa specchio di un’irrequietezza esistenziale che non trova pace. La metrica varia, talora volutamente irregolare, sottolinea l’incompiutezza del dire, mentre le metafore ricorrenti – il buio, le rovine, il viaggio – dipingono un orizzonte privo di consolazioni.
La giustapposizione delle loro voci rende Testo a Fronte un libro che non si limita a mettere a confronto due stili, ma che si propone come una riflessione più ampia sul senso stesso della poesia. Da un lato, l’ottimismo quasi metafisico di Silvia, che vede nella parola una possibilità di salvezza; dall’altro, il pessimismo radicale di Pier Carlo, che nella stessa parola vede il segno doloroso di una sconfitta inevitabile. È come se i due autori, pur divergendo nelle loro prospettive, si interrogassero sulla stessa domanda: è possibile, per l’uomo, dare un senso al silenzio che circonda la sua voce?